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LE PAROLE DEL LAVORO



Mobbing

 

Comunicazione ostile e contraria ai principi etici, perpetrata in modo sistematico da una o più persone principalmente contro un singolo individuo che viene per questo spinto in una posizione di impotenza e impossibilità di difesa e qui costretto a restare da continue attività ostili (Leymann, 1996).

Attacco continuato e persistente nei confronti dell’autostima e della fiducia in sé della vittima. La ragione sottostante tale comportamento è il desiderio di dominare, soggiogare, eliminare; la caratteristica dell’aggressore è il totale rifiuto di farsi carico di ogni responsabilità per le conseguenze delle sue azioni (Field, 1996).

La condizione di mobbing più frequentemente denunciata e in genere più facilmente dimostrabile è quella definita mobbing “strategico”: è un’azione sviluppata nel tempo che mira a mettere uno più lavoratori in una condizione di forte disagio col fine dell’espulsione dal contesto lavorativo (licenziamento o trasferimento) o del soggiogamento (frustrarne cioè la capacità personale di contrattare, di difendere i propri diritti, di far valere le proprie ragioni).

Gli eventi che più frequentemente si registrano in questi casi evidenti di mobbing sono (l’elenco è ovviamente puramente esemplificativo e non esaustivo):

 

a) demansionare in modo formale o solo di fatto

 

b) marginalizzare il lavoratore fino al punto di metterlo in una condizione di totale inoperosità

 

c) costruire ad arte “incidenti” miranti a rovinare la reputazione della vittima

 

d) discriminare su: la carriera, le ferie, l’aggiornamento, la postazione di lavoro, il carico e la qualità del lavoro

 

e) negare diritti contrattuali

 

f) utilizzare espressioni o atteggiamenti offensivi o di squalifica, fino alla diffamazione vera e propria

 

g) isolare dal contatto con gli altri lavoratori

 

h) utilizzare in modo esasperato ed esasperante il potere di controllo e l’azione disciplinare.

 

Tutte queste azioni agite in modo occasionale possono far parte di una “normale” conflittualità lavorativa; alcune di esse, ritenute discriminanti da una delle parti, possono inoltre essere la conseguenza di esasperati meccanismi premiali, o “normali” strumenti di gestione di una collettività lavorativa.

Una condizione di mobbing si distingue da una “normale” conflittualità lavorativa per il protrarsi di queste azioni nel tempo (almeno sei mesi), per l’evidente indipendenza di esse da esplicite e condivisibili esigenze gestionali, ma soprattutto per l’intenzione del gobbe (è così definito colui che mette in atto la strategia persecutoria) di perseguitare, di nuocere, di espellere la vittima, negando ogni ragionevole tentativo di soluzione del conflitto e, molto spesso, negando il conflitto stesso.

 

(Patologia psichica da stress, mobbing e costrittività organizzativa, a cura di P. Pappone, A. Citro, O. Natullo, E. Del Castello, INAIL- SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE, 2005)

 

Studio Associato Graffigna & Ravaioli Consulenza del Lavoro