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LE PAROLE DEL LAVORO



Previdenza complementare

 

Le fonti di finanziamento della previdenza complementare per un lavoratore dipendente sono rappresentate da:

 

a) trattamento di fine rapporto,

 

b) contributo del lavoratore,

 

c) contributo del datore di lavoro.

 

Il lavoratore può scegliere di versare ulteriori contributi, oltre al Tfr. Gli accordi o i contratti collettivi possono stabilire che se il lavoratore decide di contribuire non solo con il Tfr, ma con ulteriori somme, il datore di lavoro è obbligato al versamento di un proprio contributo.

Il datore di lavoro può comunque decidere, pur in assenza di accordi collettivi, di versare il contributo a proprio carico alla forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore abbia aderito.

Il versamento del Tfr e degli eventuali altri contributi presso i fondi pensione dà luogo, al raggiungimento dei requisiti, alla liquidazione di una pensione aggiuntiva a quella obbligatoria. La pensione complementare si ottiene quando si maturano i requisiti di legge per la pensione pubblica, di vecchiaia o di anzianità, purché si siano cumulati almeno 5 anni di partecipazione nel fondo pensione. L’iscritto può ottenere la pensione complementare con un anticipo massimo di 5 anni rispetto alla pensione obbligatoria, nei casi di non occupazione superiore a 48 mesi e di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo. In caso di decesso prima che si raggiunga il diritto alla pensione complementare, l’intera posizione è versata agli eredi o alle persone che il titolare ha indicato per iscritto.

Il lavoratore può anche scegliere di farsi liquidare il capitale accumulato. Questo, però, non può essere liquidato interamente, ma solo fino ad un massimo del 50% del montante finale accumulato, mentre il restante 50% verrà comunque corrisposto come pensione. La pensione potrà essere percepita interamente in capitale solo se:

 

- convertendo in rendita almeno il 70% del montante finale, la pensione risulterà inferiore al 50% dell’assegno sociale,

 

- il lavoratore è un vecchio iscritto, ossia è iscritto a forme di previdenza complementare prima del 29 aprile 1993.

 

Analogamente a quanto avviene con il Tfr lasciato in azienda, in alcuni casi e ricorrendo particolari condizioni, possono essere richieste anticipazioni della posizione maturata nei Fondi Pensione.

Dopo due anni di iscrizione, chi aderisce a un fondo può trasferire l’intera posizione presso un’altra forma pensionistica complementare, collettiva o individuale. In questo caso, però, se ci si trasferisce da un fondo pensione negoziale ad una forma individuale si perde il diritto all’eventuale contributo del datore di lavoro a meno che il mantenimento di tale diritto non sia previsto esplicitamente dagli accordi o contratti collettivi applicati al rapporto di lavoro. Anche chi cambia settore di attività lavorativa può trasferire la propria posizione individuale.

L’iscritto che perde il diritto all’iscrizione al fondo, per perdita dei requisiti di partecipazione, in alternativa al trasferimento della posizione, può chiedere, in alcuni casi previsti dalla riforma, la restituzione parziale o totale della posizione maturata. La posizione può anche essere mantenuta nel fondo senza il versamento di ulteriori contribuzioni.

Se il lavoratore decide di lasciare il Tfr in azienda (ricordiamo che in questo caso, qualora si tratti di aziende con almeno 50 dipendenti, il Tfr viene versato al Fondo della Tesoreria dello Stato presso l’INPS) sceglie di mantenere il Tfr con tutte le sue attuali caratteristiche. Restano pertanto uguali le modalità di rivalutazione, le possibilità di ottenere anticipazioni, la modalità di pagamento al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

 

Riferimenti normativi: D. Lgs. 21 aprile 1993, n. 124; Legge 8 agosto 1995, n. 335; Legge 23 dicembre 2004, n. 243; D. Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252

 

Studio Associato Graffigna & Ravaioli Consulenza del Lavoro